PENSIONE DI REVERSIBILITA’, LA RIPARTIZIONE TRA CONIUGE DIVORZIATO E SUPERSTITE NON DIPENDE SOLO DALLA DURATA DEI MATRIMONI

Pubblicato da il 6 dicembre, 2017

In caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge supersite aventi entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, la determinazione della quota del trattamento ad essi spettante deve essere effettuata sulla base non solo della durata legale dei rispettivi matrimoni, ma anche prendendo in considerazione quegli altri elementi correlati alla finalità solidaristica sottesa alla pensione di reversibilità, come la sussistenza di un assegno di mantenimento, l’eredità e condizioni economiche di entrambi. Tale regola è stata ricordata ed applicata dal Tribunale di Potenza nella sentenza 504/2016.

Il caso: La vicenda ha visto rivolgersi al Tribunale la prima moglie, titolare di un assegno di divorzio, e la seconda di un uomo a seguito della sua dipartita. Le due donne chiedevano di accertarsi l’esatto ammontare della pensione di reversibilità spettante a ciascuna, in relazione a quanto previsto dalla legge e alla durata dei rispettivi matrimoni. Il primo era durato oltre 30 anni ed in sua costanza era nati due figli; il secondo poco più di 3 anni.

La decisione: I giudici verificano i presupposti per la divisione della pensione di reversibilità e analizzano la situazione reddituale specifica delle due donne, per poi procedere alla ripartizione del trattamento di reversibilità, che è nettamente sbilanciata in favore della prima moglie. Il Collegio, in primo luogo, spiega che l’ex coniuge può avere diritto ad una quota della pensione di reversibilità solo se sia titolare di un assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto «non essendo sufficiente che egli versi nelle condizioni per ottenerlo e neppure che in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse tra le parti abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal de cuius quando questi era in vita».
Ciò presupposto, alla luce dei recenti interventi sul tema da parte della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, il Tribunale ricorda che nella ripartizione del trattamento tra coniuge superstite ed ex coniuge bisogna innanzitutto tener conto dell’elemento temporale, ovvero la durata legale dei matrimoni, fino alla data di divorzio nel primo caso, fino alla data della morte nel secondo caso. La durata del rapporto assume ai fini della ripartizione della somma un «valore preponderante e il più delle volte decisivo», ma non si traduce in una mera attuazione di una proporzione matematica. Il giudice, infatti, ben può prendere in considerazione tutti gli altri elementi che siano correlati con la finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, come le condizioni economiche o la durata delle rispettive convivenze more uxorio.
E nel caso di specie, considerando la devoluzione di parte di eredità al coniuge superstite, l’autosufficienza economica da parte dei figli nati dal primo matrimonio e la carenza di mezzi di sostentamento adeguati per la prima moglie, pare congruo al Tribunale dividere i ratei mensili della pensione di reversibilità – ammontante a poco più di mille euro – in tal modo: 32/35 all’ex coniuge e i restanti 3/35 alla moglie superstite.