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CITTADINANZA IURE SANGUINIS. IRRETROATTIVITA’ DELLA NORMA SECONDO IL TRIBUNALE DI CAMPOBASSO

Posted byAvv. Filippo Barbàra

Con la sentenza n. 375/2025, pronunciata in data 2 maggio 2025 ai sensi dell’art. 281 undecies e ss. c.p.c., il Tribunale di Campobasso ha riconosciuto la cittadinanza italiana iure sanguinis a favore di alcuni cittadini italo-americani discendenti da un’ascendente nata in provincia di Campobasso ed emigrata negli Stati Uniti senza mai rinunciare alla cittadinanza italiana. In tale occasione, il giudice si è pronunciato sull’applicabilità del recente Decreto-Legge n. 36 del 28 marzo 2025 – non ancora convertito in legge – sia con riferimento al tempo che ai soggetti destinatari.

Il Ministero dell’Interno, costituitosi in giudizio, aveva sollevato eccezioni sostenendo che la nuova disciplina introdotta dal citato decreto fosse da ritenersi applicabile anche alla controversia in oggetto, sebbene la causa fosse stata avviata prima della sua entrata in vigore (29 marzo 2025). La posizione dell’Amministrazione si fondava sul fatto che né i ricorrenti, né i loro ascendenti diretti erano nati in Italia e, pertanto, secondo i nuovi criteri stabiliti, non avrebbero potuto ottenere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Il Ministero aveva inoltre chiesto la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., invocando la pendenza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 91/1992, sollevata dal Tribunale di Bologna e calendarizzata per la discussione il 24 giugno 2025.

Il D.L. n. 36 del 28 marzo 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno stesso ed entrato in vigore il 29 marzo successivo, reca disposizioni urgenti in materia di cittadinanza, intervenendo significativamente sulla legge n. 91/1992. Con l’introduzione dell’art. 3-bis, il decreto mira a riformare il meccanismo della cittadinanza trasmessa per discendenza, subordinandola a un requisito di legame concreto con il territorio nazionale.

Con questa nuova disciplina, il riconoscimento della cittadinanza per discendenza di sangue è limitato a coloro che abbiano almeno un genitore o un ascendente di primo grado nato in Italia. Chi non rientra in tale casistica – pur se discendente di cittadini italiani – viene considerato come se non avesse mai acquisito la cittadinanza, anche se nato prima dell’entrata in vigore del decreto.

Tuttavia, l’articolo 3-bis prevede una clausola transitoria: le domande, sia amministrative che giudiziali, presentate entro le ore 23:59 del 27 marzo 2025 continueranno ad essere disciplinate dalla normativa precedente.

In tal modo, l’esecutivo ha introdotto un sistema misto tra ius sanguinis e ius soli, con l’obiettivo dichiarato di frenare l’incremento di richieste da parte di soggetti che, secondo il Governo, non intrattengono legami effettivi con l’Italia.

Il Tribunale ha sollevato diverse perplessità circa la conformità del Decreto-Legge ai principi generali dell’ordinamento, in particolare sotto il profilo della sua applicabilità nel tempo e alle persone.

Accogliendo le tesi dei ricorrenti, il giudice ha chiarito che la nuova normativa non può essere applicata retroattivamente. Questo non soltanto perché la domanda era stata proposta prima del termine indicato nel decreto stesso (27 marzo 2025), ma anche e soprattutto in virtù del principio generale secondo cui la legge non ha effetto retroattivo, come stabilito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile.

Il decreto non prevede, infatti, in modo esplicito la sua applicazione a fatti anteriori alla sua entrata in vigore. E come affermato dal Tribunale, l’attribuzione retroattiva di effetti a una norma, specie in materie che toccano diritti fondamentali come la cittadinanza, richiede una previsione legislativa chiara e motivata, che in questo caso non sussiste.

La nuova norma, pertanto, non può incidere su fatti ormai consolidati, come il luogo di nascita degli ascendenti, che per definizione non possono essere modificati retroattivamente. Secondo la ricostruzione offerta dal giudice, la nuova disciplina potrà operare soltanto per il futuro: cioè, per i figli di cittadini italiani nati dopo il 29 marzo 2025. A decorrere da tale generazione, si potrà eventualmente verificare il mancato riconoscimento della cittadinanza dopo due ulteriori generazioni nate all’estero.

Il Tribunale ha inoltre ribadito, come già affermato in precedenza, la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 91/1992 sollevata dal Tribunale di Bologna, rigettando la richiesta del Ministero di sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., definendola inappropriata.

Questa pronuncia assume particolare rilievo per tutti i procedimenti – attuali e futuri – relativi al riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza, che sono stati investiti dall’incertezza generata dall’approvazione del D.L. n. 36/2025.

Con un’interpretazione conforme ai principi generali del diritto e al dettato dell’art. 11 delle Preleggi, il Tribunale di Campobasso ha affermato che la nuova normativa non può incidere su situazioni giuridiche già in essere. Qualora altri giudici dovessero uniformarsi a tale orientamento, si potrebbe assistere alla formazione di un indirizzo giurisprudenziale favorevole alla tutela dei diritti degli italo-discendenti.

Resta tuttavia da vedere se il Parlamento, in sede di conversione del decreto, confermerà o modificherà l’ambito di applicazione della normativa. Infine, la Corte Costituzionale, nell’ambito del giudizio già pendente, potrebbe avere l’occasione di esaminare anche le novità introdotte dal decreto, valutandone la compatibilità con i principi costituzionali, onde evitare interferenze e incertezze tra vecchio e nuovo regime, soprattutto in una materia così delicata quale la cittadinanza.

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