SE MANCA L’ULTIMA RATA LA VENDITA CON RISERVA NON TRASFERISCE IL BENE

Pubblicato da il 6 dicembre, 2017

Nella vendita con riserva della proprietà, il trasferimento della proprietà del bene dal venditore all’acquirente avviene solo col pagamento integrale del corrispettivo convenuto; cosicché, se l’acquirente muore prima di aver pagato l’ultima rata, il bene non entra nella sua successione, in quanto fa ancora parte del patrimonio del venditore. Gli eredi dell’acquirente sono quindi titolari di un diritto di credito per la somma degli importi versati dal defunto in vita (per riscattare la cosa e divenirne proprietario) e dell’eventuale aumento di valore che il bene abbia conseguito in ragione dei miglioramenti apportati dall’acquirente deceduto. Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza n. 8467 del 28 aprile 2016.

Vi si analizza il tema del calcolo del valore dell’asse ereditario in presenza di un contratto di vendita con riserva di proprietà (quello per effetto del quale il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo) stipulato dal de cuius (come acquirente), deceduto prima di ultimare il pagamento del prezzo. La Cassazione ha dunque escluso che, nel calcolo dell’asse del soggetto che abbia acquistato un bene con riserva di proprietà, sia considerato il valore del bene.

Nel caso della clausola di riserva di proprietà, la compravendita si considera infatti stipulata sotto la condizione sospensiva del completamento del pagamento del prezzo: il venditore rimane proprietario del bene finché il pagamento non sia ultimato. Correlativamente, il compratore si trova in una posizione di “aspettativa”, cioè è titolare di un interesse qualificato ad acquisire la proprietà del bene, mediante il completamente del pagamento del prezzo.

In altri termini, si tratta di una vicenda giuridica “in via di formazione”, caratterizzata dal fatto che, da un lato, il compratore è obbligato a versare il complessivo prezzo convenuto, mentre, dall’altro lato, il venditore è obbligato a consegnare il bene; in sostanza, mediante il contratto di vendita con riserva di proprietà, la parte venditrice si “garantisce” dall’inadempimento della controparte, trattenendo in capo a sé la proprietà del bene oggetto del contratto stesso, fintantoché essa non riceva il saldo del prezzo dovutole.

Vi è infine da notare che se, sotto il profilo civilistico, con la vendita con riserva di proprietà il bene compravenduto non diviene di titolarità dell’acquirente per effetto della stipula del contratto, ma solo a condizione dell’integrale pagamento del prezzo, il legislatore fiscale (con finalità antielusiva) ha disposto invece che il contratto di vendita con riserva di proprietà sia tassato non come un contratto sospensivamente condizionato bensì come un contratto subito efficace ma risolutivamente condizionato al mancato pagamento del prezzo. Ciò sia ai fini dell’imposta di registro (ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del Dpr 131/1986) sia ai fini Iva (ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 1, del Dpr 633/1972). Con l’effetto che il contratto in questione deve essere registrato (se non soggetto a Iva) con l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale, senza quindi potersi tassare l’atto, come accade per l’atto sospensivamente condizionato, con la sola imposta fissa e rinviare il pagamento dell’imposta proporzionale al momento in cui la condizione si verifichi.