Condannata l’Agenzia delle Entrate a risarcire il danno con trascrizione di pignoramento nulla

Pubblicato da il 14 febbraio, 2018

L’Agenzia delle entrate è stata condannata a risarcire il cittadino che ha subito un danno in funzione di una trascrizione di pignoramento a suo carico. Proprio a causa di quest’ultima, infatti, il correntista aveva avuto il diniego dalla banca di ottenere credito. A maggior ragione – precisa la Cassazione (ordinanza 13 febbraio 2018 n. 3428) – il cittadino ha motivo di pretendere il risarcimento quando sia la stessa Conservatoria a precisare che si trattava di una trascrizione nulla in quanto basata su un provvedimento ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo. In funzione di questo inadempimento il cittadino ha richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali tenuto conto della sua attività di imprenditore commerciale, consigliere della provincia di Cagliari e sindaco del comune di Quartu Sant’Elena.

Le due decisioni di merito – Nel merito la vicenda aveva avuto due esiti differenti. Mentre, infatti, il Tribunale aveva disconosciuto il diritto dell’allora ricorrente, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione accogliendo la domanda risarcitoria inerente al danno all’immagine e alla reputazione e affermandone la responsabilità solidale a carico dell’ex Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate. Quest’ultima ha proposto ricorso in Cassazione evidenziando come all’ex sindaco non dovesse essere riconosciuto alcun danno perché l’apertura del credito non si era perfezionata per rinuncia del richiedente. La Cassazione ha respinto il ricorso del Fisco rilevando come il cittadino fosse apparso in prima battuta come un debitore insolvente in specifiche relazioni commerciali e che le richieste di finanziamento avevano registrato una battuta d’arresto generando quindi un “discredito creditizio”. Sul punto la Corte ricorda come il giudice di merito possa riconoscere il danno anche in funzione di presunzioni che se dotate di gravità, precisione e concordanza realizzano una prova che certamente non può essere rimessa in discussione in fase di legittimità. E, poi, quanto al danno all’immagine sebbene non sia in re ipsa, può essere provato allegando fatti da cui possa evincersi, anche mediante presunzioni, la sua concreta sussistenza e non futilità.

Conclusioni. La Cassazione ha evidenziato la gravità della lesione alla reputazione e il significativo pregiudizio alla vita di relazione, valorizzando non solo la generica diffusione della notizia in forza dei pubblici registri, bensì specifici contatti con operatori commerciali dell’ambiente territoriale del danneggiato. Rigettato in definitiva il ricorso delle Entrate con condanna al risarcimento del danno.