CONTRATTO. RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO

Pubblicato da il 10 novembre, 2017

La parte citata in giudizio per il pagamento di una prestazione rivelatasi inadeguata (nel caso di specie si è trattato dell’attività di revisore legale svolta per una società poi fallita) può, non solo formulare le domande ad essa consentite dall’ordinamento in relazione al particolare contratto stipulato, ma anche limitarsi ad eccepire – nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l’art. 1460 cod. civ. espressamente attribuisce al fine di paralizzare la pretesa avversaria chiedendone il rigetto – l’inadempimento o l’imperfetto adempimento dell’obbligazione assunta da controparte, in qualunque delle configurazioni che questo può assumere, in esse compreso, quindi, il fatto che il bene consegnato in esecuzione del contratto risulti affetto da vizi o mancante di qualità essenziali.

Si tratta del principio espresso dalla Corte di Cassazione con riferimento all’eccezione di inadempimento sollevata dal curatore di un fallimento nei confronti del revisore che aveva chiesto che un proprio credito fosse ammesso al passivo del fallimento. Ove l’attività del professionista non sia stata svolta con diligenza, il relativo credito può essere escluso dal passivo della procedura ma, come osservato, la richiesta di ammissione al passivo fallimentare può essere anche rigettata (mediante l’eccezione di inadempimento: articolo 1460 cod.civ.).
Cass. civ. 11 settembre 2017 n. 21104