Con la sentenza n. 25192/2025, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, è tornata ad affrontare un tema particolarmente frequente nelle controversie condominiali: la ripartizione delle spese relative a lavori che interessano anche parti di proprietà esclusiva, come balconi e terrazzi.
Un condomino aveva impugnato la delibera assembleare con cui erano stati approvati lavori di manutenzione straordinaria, lamentando che l’assemblea aveva imposto la ripartizione delle spese anche per opere eseguite su parti private (in particolare sui balconi di altri condomini).
Il Tribunale di Savona prima e la Corte d’Appello di Genova poi avevano respinto in parte le sue ragioni, ritenendo che i lavori — tecnicamente connessi tra loro — non potessero essere separati e che quindi fosse corretto ripartirne il costo tra tutti i partecipanti al condominio.
Il condomino ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo di non aver tratto alcuna utilità da lavori eseguiti su beni di proprietà esclusiva altrui, e denunciando la mancata distinzione tra le spese comuni e quelle private.
La Cassazione ha accolto i primi due motivi del ricorso, cassando la sentenza di appello e rinviando la causa alla Corte di Genova per un nuovo esame.
La Suprema Corte ha ricordato un principio consolidato:
“I balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato né destinati all’uso o al servizio comune”.
Di conseguenza, le spese che riguardano parti di proprietà esclusiva non possono essere addossate a tutti i condomini, ma devono essere sostenute dai soli titolari delle unità interessate, salvo che non vi siano elementi (strutturali o decorativi) che servano anche all’estetica o alla funzionalità dell’intero edificio.
Inoltre, la Corte ha censurato la mancanza di motivazione della sentenza di appello: i giudici genovesi avevano richiamato genericamente la “inscindibilità tecnica” dei lavori, ma non avevano valutato se fosse possibile una distinzione contabile delle spese — cioè la concreta separazione dei costi tra parti comuni e private.
Una simile omissione, osserva la Cassazione, non soddisfa il “minimo costituzionale” di motivazione richiesto dalle Sezioni Unite.
Il nuovo arresto della Cassazione riafferma un concetto importante:
“Non possono essere poste a carico della collettività condominiale le spese relative a beni di proprietà esclusiva, salvo che si dimostri la loro inscindibilità tecnica e contabile con le parti comuni.”
Spetta dunque ai giudici di merito accertare, caso per caso, se i lavori siano effettivamente indivisibili oppure se sia possibile ripartire separatamente i costi.
La sentenza n. 25192/2025 offre un importante chiarimento operativo per amministratori e condomini:
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L’assemblea non può deliberare lavori su beni privati, salvo consenso espresso dei proprietari interessati.
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In caso di lavori “misti” (che interessano sia parti comuni sia private), va accertata la possibilità di separare le spese, evitando di imporre costi a chi non trae alcun beneficio.
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Le delibere che violano tali principi possono essere impugnate per illegittimità ai sensi dell’art. 1137 c.c.