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IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE NON PUO’ VIETARE LA LOCAZIONE DELLE STANZE DELL’ UNITA’ IMMOBILIARE

Posted byAvv. Filippo Barbàra

Il divieto di adibire i singoli appartamenti dello stabile condominiale a “locande e pensioni”, previsto dal regolamento condominiale, non può essere interpretato come divieto di svolgere attività di affittacamere, né tantomeno come divieto di locare singole stanze di una abitazione a diverse persone. Questo è quanto affermato dal Tribunale di Milano nella sentenza 1947/2018, da cui si evince, altresì, la regola per cui il locatore è responsabile per le violazioni delle norme regolamentari commesse dal conduttore.

La vicenda – La controversia vede contrapporsi un Condominio e uno dei condomini, una signora proprietaria di uno degli appartamenti dello stabile costituito da 9 vani, la quale aveva ceduto il suo immobile in locazione a una società. Quest’ultima, dopo aver ristrutturato l’appartamento ricavandone 6 stanze, oltre agli spazi comuni costituiti dalla cucina e da due bagni, a sua volta sublocava le singole stanze della casa a diversi studenti e lavoratori fuori sede, conformemente a quanto previsto nel contratto di locazione. Tutto ciò però non era di gradimento degli altri condomini, che avevano citato in giudizio la proprietaria dell’appartamento, di fatto utilizzato per lo svolgimento di attività di affittacamere o comunque per esercitarvi un’attività imprenditoriale, violando l’articolo del regolamento condominiale che vietava a tutti i condomini “di tenere locande o pensioni” nelle singole abitazioni.

La questione finiva così dinanzi al Tribunale, dove la proprietaria dell’appartamento contestava sia la sua legittimazione processuale, venendo in rilievo l’attività svolta dalla società conduttrice, sia la fondatezza della richiesta del Condominio, non essendo vietata dal regolamento l’affitto di singole stanze della casa. Il Tribunale respinge la domanda del Condominio e svolge alcune importanti considerazioni su entrambe le questioni.

Il proprietario risponde per il conduttore – Quanto alla legittimazione processuale, il giudice milanese afferma che la condomina ben può essere chiamata in giudizio, in quanto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, «il proprietario di un immobile ubicato all’interno di un condominio è obbligato al rispetto del regolamento condominiale ed è responsabile di fronte alla collettività condominiale della violazione del regolamento anche se operata dal conduttore del suo bene, essendo tenuto ad imporre a quest’ultimo il rispetto del regolamento». Inoltre, prosegue il Tribunale, «il condomino che abbia locato la propria unità abitativa ad un terzo risponde nei confronti degli altri condomini delle violazioni al regolamento condominiale consumate dal proprio conduttore», qualora non dimostri di avere adottato, in relazione alle circostanze, tutte le misure idonee a far cessare gli abusi.
Il divieto previsto nel regolamento condominiale.

Ciò posto, il giudice spiega che la domanda del Condominio non può trovare accoglimento, in quanto l’attività svolta dalla società conduttrice dell’appartamento non può essere considerata né “affittacamere”, né di tipo “imprenditoriale”. Ebbene, afferma il Tribunale, dalle deposizioni testimoniali degli inquilini è emerso che il canone corrisposto alla società copriva la locazione della propria stanza e l’uso delle parti comuni dell’appartamento, oltre che le spese relative alle utenze, mentre erano esclusi «servizi ulteriori, quali la pulizia della stanza o la fornitura ed il cambio della biancheria ( lenzuola, asciugamani, tovaglie, tovaglioli, coperte e piumini), incombenze alle quali provvedeva ciascun conduttore con beni propri, con un regolazione di turni interni per quanto riguardava la pulizia delle parti comuni dell’appartamento». Ciò significa che la società conduttrice ha semplicemente sublocato le singole stanze della casa, non ponendo in essere alcuna attività di affittacamere, la quale «pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, richiede non solo la cessione del godimento di locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno». Difatti, prosegue il Tribunale, il criterio distintivo tra la locazione di alloggi e l’esercizio dell’attività di affittacamere è costituito dal fatto che il secondo rapporto «è accompagnato dalla prestazione di servizi personali (che del rapporto stesso sono accessorio e complemento imprescindibile)», i quali mancano del tutto nella locazione.

Per giunta, chiosa il giudice, quand’anche fosse considerabile come affittacamere, l’attività in questione non sarebbe comunque vietata dal regolamento condominiale, «posto che il divieto regolamentare si riferisce all’attività di pensione o locande , attività diverse da quella di affittacamere, comportando anche la fornitura di un vitto, pacificamente esclusa nel caso in esame». Né tantomeno tale attività può essere considerata imprenditoriale, in quanto, nonostante il guadagno della stessa società convenuta, risulta preservata la destinazione residenziale dell’immobile, essendo le unità immobiliari ubicate nel condominio destinate a uso abitativo dei sub conduttori.

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