NULLO IL PATTO SULL’ASSEGNO DI DIVORZIO

Pubblicato da il 10 novembre, 2017

È nullo l’accordo con il quale due coniugi pattuiscono in merito all’assegno di divorzio: è quanto ribadisce la Corte di cassazione nella sentenza n. 2224 del 30 gennaio 2017. Il caso esaminato dalla Suprema corte riguardava due ex coniugi: il marito, imprenditore cinematografico, e la moglie casalinga.

In sede di pronuncia del divorzio al Tribunale di Milano, il marito venne gravato di un assegno mensile di 3mila 300 euro a favore del coniuge e di un assegno mensile di oltre 4mila euro per il mantenimento dell’unico figlio. All’esito del processo di secondo grado, la Corte d’appello ridusse a 1.500 euro l’assegno mensile per il figlio, divenuto pressoché autosufficiente, e ridusse a 2mila euro l’assegno mensile a favore del coniuge (la quale domandava invece un assegno di 7mila euro); sennonché la Corte d’appello rilevò che il marito aveva versato alla moglie nel 2006 una somma di quasi 2 milioni di euro, ritenendo che, in tal modo, il marito avesse inteso corrispondere alla moglie «quanto le sarebbe spettato per assegno di mantenimento ed assegno divorzile».

La sentenza d’appello è stata dunque impugnata per avere il giudice di secondo grado attribuito alla dazione di detta ingente somma «la valenza di corresponsione una tantum non solo dell’assegno di separazione, ma anche di quello divorzile». Al riguardo, la Cassazione osserva che la sentenza contestata contrasta con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli accordi preventivi aventi a oggetto l’assegno di divorzio sono affetti da nullità: infatti, secondo la Cassazione, gli accordi con i quali i coniugi, in sede di separazione, stabiliscono pattuizioni di contenuto patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale, espresso dall’articolo 160 del Codice civile, di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale.

Pertanto, di tali accordi non può tenersi conto:

  • né quando limitino o addirittura escludono il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le esigenze della vita;
  • né quando soddisfino pienamente tali esigenze, per la ragione che una preventiva pattuizione, specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio, potrebbe determinare il consenso a porre fine agli effetti civili del matrimonio.

Inoltre la Cassazione ricorda che gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, i reciproci rapporti economici in relazione al futuro ed eventuale divorzio con riferimento all’assegno divorzile sono nulli per illiceità della causa, in ragione della natura assistenziale di detto assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederlo. Ne consegue che la disposizione dell’artcolo 5, comma 8, della legge 898/1970 a norma del quale – su accordo delle parti – la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione, ove ritenuta equa dal Tribunale, senza che si possa, in tal caso, proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico, non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio.