LOCATORE RISARCIBILE PER IL MANCATO RILASCIO TEMPESTIVO DEL BENE

Pubblicato da il 16 ottobre, 2018

Decisiva la sentenza della Cassazione che rimette in gioco i diritti del locatore in tre casi quando cioè ci sia:  una riduzione della domanda; una domanda dei danni incrementali e i fatti sopravvenuti. I Supremi giudici, quindi, hanno rimodulato i diritti del locatore quando venga dimostrato l’illecito comportamento da parte del locatario. Questo in estrema sintesi il contenuto della ordinanza 15 ottobre 2018 n. 25631/18.

Il caso – La vicenda sui cui i giudici si sono pronunciati ha visto protagonisti una società immobiliare e una casa di cura a Roma. Era accaduto che la spa non avesse adempiuto agli obblighi contrattuali e avesse lasciato l’immobile con notevole ritardo, andando così contro i termini previsti dal contratto. E questo era stato pacificamente previsto nelle memorie. Il locatore, tuttavia, nel frattempo aveva ricevuto delle proposte ben precise in termini economici a cui aveva dovuto rinunciare proprio perché la struttura era occupata a oltranza. Alla luce di questa vicenda i giudici hanno pronunciato due principi di diritto. E così «nei giudizi soggetti al rito del lavoro, costituisce implicita istanza di rimessione in termini il deposito, con le note conclusive, di documenti formati successivamente tanto alla domanda, quanto al maturare delle preclusioni istruttorie; a fronte di tale produzione, pertanto, il giudice non può dichiarare inammissibile, ma deve valutare se ricorrano i presupposti ex articolo 153 cpc e in caso affermativo esaminare nel merito la rilevanza probatoria dei documenti positati». E’ di tutta evidenzia come nel richiamato principio i giudici abbiano voluto allargare l’oggetto del petitum. Quest’ultimo, infatti, in caso di accertato danno per la parte attorea deve anche tenere presente di una quantificazione economica.

Il secondo principio – Passando, poi, al secondo principio viene enunciato che «nel giudizio del risarcimento del danno (tanto da inadempimento contrattuale, quanto da fatto illecito) non costituiscono domande nuove: 1) la riduzione del quantum rispetto alla originaria pretesa; 2) la deduzione dell’aggravamento del medesimo danno già dedotto con la domanda originaria. E la richiesta di risarcimento dei danni sopravvenuti al maturare delle preclusioni istruttorie, anche se di qualità e quantità differenti da quelli richiesti con la domanda originaria, costituisce invece una domanda nuova, ma ammissibile se ricorrano i presupposti della rimessione nei termini di cui all’articolo 153 cpc». In definitiva un punto a favore della parte attorea che era risultata soccombente in entrambi i giudizi di merito e a cui invece i giudici della Cassazione hanno dato ragione. Per concludere accolto il ricorso e cassata la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Roma, che in diversa composizione dovrà attenersi ai principi enunciati